Secondo una relazione appena pubblicata dalla Corte dei conti europea, un terzo dei fondi spesi dall’UE per strutture quali moli, banchine e frangiflutti presso porti marittimi dell’UE tra il 2000 e il 2013 è stato inefficace e non sostenibile. Un euro su tre (cioè 194 milioni di euro) spesi per i progetti esaminati dagli auditor della Corte sono andati a progetti che duplicavano strutture già esistenti nelle vicinanze. Novantasette milioni di euro sono stati investiti in infrastrutture che non sono utilizzate o sono fortemente sottoutilizzate da oltre tre anni a contare dalla conclusione dei lavori.
Gli auditor della Corte hanno analizzato le strategie di trasporto merci per via marittima della Commissione e degli Stati membri dell’UE, nonché il rapporto benefici/costi conseguito dagli investimenti finanziati dall’UE in servizi portuali, che sono ammontati in totale a 17 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti tra il 2000 e il 2013. Hanno visitato 19 porti marittimi in cinque paesi dell’UE (Germania, Italia, Polonia, Spagna e Svezia), constatando che le strategie a lungo termine poste in essere non hanno costituito una base solida per pianificare la capacità dei porti. Né l’UE né gli Stati membri disponevano di una visione strategica che indicasse quali porti necessitavano finanziamenti e per quali finalità, ed il finanziamento di tipi di infrastrutture simili in porti vicini ha condotto ad investimenti inefficaci e non sostenibili.
Una nuova valutazione di cinque progetti già esaminati nel 2010 ha delineato un impiego delle risorse tutt’altro che ottimale: dopo quasi un decennio di attività, l’utilizzo delle infrastrutture finanziate dall’UE per questi porti era ancora inadeguato. In quattro porti, le aree portuali interessate erano ancora vuote o quasi vuote, mente in un altro porto non vi era alcuna attività.
“Il trasporto marittimo nell’UE è in cattive acque”, ha commentato Oskar Herics, il Membri della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Le valutazioni dei bisogni sono deboli e vi è un elevato rischio che il denaro investito vada sprecato. Nel complesso, ciò riguarda quasi 400 milioni di euro di investimenti esaminati”.
I progetti finanziati dall’UE controllati dalla Corte erano anche inefficienti, con casi di sforamento dei costi per 139 milioni di euro, mentre 19 dei 30 progetti completati esaminati dalla Corte hanno fatto registrare ritardi giunti fino al 136 % della durata pianificata inizialmente. Al momento dell’audit, sette dei 37 progetti controllati per la prima volta (beneficiari di finanziamenti UE per 524 milioni di euro) non erano stati ultimati.
Inoltre, il coordinamento tra la Commissione e la BEI per il finanziamento delle infrastrutture portuali non ha funzionato adeguatamente: la concessione da parte della BEI di sovvenzioni a porti non-UE limitrofi (ad esempio, in Marocco) aveva ostacolato l’efficacia dei fondi dell’UE investiti in porti nell’UE.
Poiché i finanziamenti UE a livello di progetto erano collegati alle realizzazioni, ma non ai risultati, le relative spese rimanevano ammissibili al cofinanziamento UE anche se alcune delle infrastrutture finanziate dall’UE non erano in realtà utilizzate.
In 14 porti esaminati, vi erano inoltre molti collegamenti con l’entroterra (strade e ferrovie) mancanti o inadeguati. Detti collegamenti necessiteranno di ulteriori finanziamenti pubblici per assicurare il corretto sfruttamento degli investimenti iniziali nei porti.
Infine, per quanto riguarda gli aiuti di Stato e le procedure doganali, la Commissione non ha intrapreso le azioni necessarie ad assicurare condizioni di parità concorrenziale tra i porti marittimi. Per evitare distorsioni della concorrenza nei mercati, i controlli sugli aiuti di Stato avrebbero dovuto essere più efficaci, verificando a posteriori se le condizioni alle quali erano state assunte le decisioni precedenti (ad esempio, per le concessioni) fossero rimaste immutate, oppure stabilendo chiare linee guida su quali sovrastrutture destinate a utenti specifici potessero beneficiare di sostegno. La Corte ha formulato una serie di raccomandazioni, destinate per lo più alla Commissione. Vengono di seguito elencati i punti principali:
· rivedere l’attuale numero di 104 porti core ed elaborare un piano di sviluppo portuale a livello di UE;
· valutare l’esclusione dai finanziamenti UE per infrastrutture portuali destinate, rispettivamente, al trasbordo e allo stoccaggio di container, nonché per sovrastrutture che esulano dal mandato pubblico;
· far sì che tutte le informazioni essenziali sui prestiti proposti dalla BEI siano condivise tra la BEI e la Commissione;
· ai fini del sostegno UE agli investimenti, dare priorità ai porti core e alle grandi vie di navigazione soltanto a condizione che vi siano un chiaro valore aggiunto UE e una sufficiente componente di investimenti privati;
· emanare orientamenti in materia di aiuti di Stato specifici per il settore portuale e monitorare e dar seguito alle precedenti decisioni in materia di aiuti di Stato;
· ridurre oneri amministrativi e ritardi, promuovendo “sportelli unici” nazionali per il rilascio di permessi e autorizzazioni;
· migliorare la competitività del trasporto marittimo rispetto ad altri modi di trasporto semplificando ulteriormente le formalità doganali e di trasporto via mare.